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venerdì 19 agosto 2011

MOBBING

MOBBING
Dall’inglese accerchiare, comportamento sociale, tipico di certi uccelli. Forse atavica salvaguardia della specie. Si isola il componente più debole, incapace di sopravvivere e quindi peso per il gruppo. Ma questo comportamento crudele si manifesta anche nella nostra società.
L’isolamento avviene perché  la vittima di turno, manda  segnali che sono al di là delle abitudini del gruppo di appartenenza.
E questa regola è applicata in ogni ambito: privato, di lavoro, sociale. I segnali sono o di vittimismo e debolezza assoluta o il suo contrario. Dipende dagli ambiti in cui si sviluppa.
Nel  lavoro –ad esempio- chi è accanito, troppo preciso, motivato per compensazioni sue non risolte, oppure per esempi  tramandati dalla famiglia di origine, procura fastidio, invidia e di conseguenza reazioni volte a ridimensionare la presunta supponenza di chi si è messo troppo in vista.
Inizia così ad attivarsi la reazione di insofferenza, di solito non percepita dal soggetto, per insensibilità o scarsa consapevolezza di come comportarsi nel gruppo.
Essendo la finalità  di spingere il mobbizzato a licenziarsi dal posto di lavoro, la reazione dei mobbers porterà inevitabilmente ad isolare, criticare, sbeffeggiare, ridimensionare compiti, non riconoscere produttività, rendere umiliante il  lavoro, annullare la personalità della vittima,  colpevole solo di non avere compreso in pieno il modus vivendi di relazionarsi. Questo fine verrà raggiunto al prezzo di perdita della salute fisica e psichica del mobbizzato e di grosse somme di denaro per aziende e società.
Bossing è il termine coniato dai maggiori esperti del fenomeno quali  Heinz LEYMMAN (1988) e Harold EGE (2001) per indicare il mobbing fatto direttamente dai datori di lavoro.
A questo fenomeno non sfugge né il dipendente pubblico né quello privato. L’italia è ancora fra quei paesi che non tutelano a sufficienza il mobbizzato. La Germania è stato il primo stato della Comunità  Europea a recepirne il problema.
Il parlamento Europeo ha richiamato l’attenzione sugli effetti devastanti del Mobbing sulla salute fisica e psichica delle vittime” raccomandando agli Stati membri di imporre alle imprese, ai pubblici poteri nonché alle parti sociali l’attuazione di politiche di prevenzione efficaci”.
In questi anni sono state fatte varie Proposte di Legge nazionali sull’argomento ma nessuna è ancora stata approvata dal Parlamento, si tende quindi a fare riferimento agli artt. 32 e 41 della Costituzione Italiana e all’art. 2087 del Codice Civile. Alcune regioni si sono nel frattempo dotate di una propria legge come ad esempio il Lazio.
La Pubblica Amministrazione all’interno del CCNL 2002-2005 per il personale dei vari Comparti, ha recepito il problema prevedendo che fossero  istituiti “entro sessanta giorni dall’entrata in vigore del contratto, specifici Comitati Paritetici presso ciascun ente”, composti da rappresentanti sindacali e da un pari numero di rappresentanti dell’ente.
Ma gli sportelli di ascolto aziendali, non sono sicuramente in grado di eliminare il fenomeno e forse nemmeno di monitorarlo sufficientemente, essendo un problema ORGANIZZATIVO dei vari enti e aziende.
Negli enti pubblici spesso il personale assunto con una qualifica, viene adibito ad altre mansioni superiori o inferiori –temporanee- che poi si stabilizzano nel tempo con riconoscimenti   mancati, provocando giuste aspettative e a volte innescando bossing.
 L’unico atteggiamento che salva il dipendente vessato, è quello guardingo, sempre in difesa, ma il dramma è che il mobbizzato  è lontanissimo dalle motivazioni  che sono utili per adottarlo. Si tratta in definitiva di persone limpide e buone, senza quella spinta ambiziosa che invece  viene riconosciuta –a loro discapito- dagli altri.
L’unico modo per salvarsi è riconoscere in tempo utile l’inizio dei sintomi, e produrre prove concrete di quello che si andrà a subire nel tempo in divenire. Caratteristica del mobbing è il prolungamento nel tempo –mesi ed anni-,  di comportamenti persecutori.
Ma anche con prove e altro, lo scoglio è –ad esempio per il dipendente pubblico- che le istituzioni giudicanti a volte ritengono superfluo procedere verso altre istituzioni: cane non mangia cane, si suole dire, ed è un proverbio sempre attuale!
La vittima andrebbe comunque invitata a una terapia psicologica,  non tanto per annullare gli effetti di questo isolamento aggressivo, quanto per riuscire a comprendere quali caratteristiche del suo comportamento devono cambiare.
Ma questo non è previsto dalla legge che dovrebbe sia punire chi  adotta comportamenti persecutori, sia   aiutare a sufficienza chi li subisce.
7/7/2011

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